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  • Immagine del redattoreluciobrunelli

Nella casa del senatore che ospitò san Pietro

Aggiornamento: 11 gen

Sono stati riaperti al pubblico i sotterranei della basilica romana di santa Pudenziana. Fa un certo effetto camminare, a nove metri di profondità sotto via Urbana, fra i resti della casa del senatore Pudente, amico di san Pietro e da lui convertito alla fede cristiana. Secondo un'antichissima tradizione il primo Papa fu ospitato per sette anni in queste mura..



La casa si trova in una zona che al tempo degli antichi romani era molto ricercata, il colle del Viminale. L'aria era buona e la densità abitativa certamente meno asfissiante rispetto alla vicina ma più bassa Suburra, dove viveva il popolino. Gli scavi hanno accertato che l'edificio sorto sul Vicus Patricius (l'attuale via Urbana) è del primo secolo dopo Cristo. La casa del senatore Pudente - citato da san Paolo nella lettera a Timoteo - divenne uno dei luoghi di ritrovo dei primi cristiani nella capitale dell'impero. Alla nuova fede aderirono con grande convinzione le due figlie del senatore romano, Prassede e Pudenziana, entrambe venerate come sante. A Pudenziana è dedicata la basilica, una delle prime chiese di Roma, eretta attorno al 380 dopo Cristo; seconda, per età, solo alla basilica di san Giovanni.



La chiesa ha subìto nel tempo numerosi rifacimenti. Custodisce ancora però uno dei mosaici più antichi e preziosi della Roma cristiana. Venne realizzato all'inizio del V secolo e fotografa i psentimenti della comunità cristiana di fronte alla crisi dell'impero romano, le cui fondamenta iniziavano a vacillare paurosamente sotto i colpi dei barbari. Alcuni studiosi sostengono che il mosaico intendesse raffigurare gli insegnamenti della "Città di Dio" di Sant'Agostino, opera che il grande convertito scrisse proprio in quegli anni. Alcuni dettagli raccontano - meglio di un trattato - la vita e il pensiero dei cristiani davanti ai grandi sconvolgimenti del loro tempo.



Gesù siede sul trono dell'imperatore. Gli apostoli vestono la toga bianca bordata di porpora dei senatori. Non è l'ambizione di sostituirsi al potere di Roma, che sembrava immortale ed ora rapidamente si stava disfacendo. È la coscienza che mentre tutto passa, la "città di Dio" rimane e la sua sussistenza è motivo di speranza per la "città degli uomini".

Le tessere del mosaico prendono forma pochi anni dopo un avvenimento che possiamo ben definire l'11 settembre del mondo antico: il sacco di Roma compiuto dai Visigoti di Alarico nell'anno 410 d.C. Un incubo che neanche nei peggiori sogni, prima di allora, era mai stato immaginato. Roma, la grande Roma, per tre giorni e tre notti messa a ferro e fuoco, i suoi templi bruciati, le case depredate, uomini e donne uccisi.

«Chi può esporre la carneficina di quella notte? - scriverà san Girolamo nella lettera 127 - Quali lacrime sono pari alla sua agonia? Una città sovrana di antica data cade; E senza vita nelle sue strade e case giacciono innumerevoli corpi dei suoi cittadini..».

La chiesa dedicata a santa Pudenziana era già stata eretta e fu muta testimone della grande distruzione operata dai 40mila soldati di Alarico. Ma essa non venne toccata e neanche altri luoghi di culto cristiani, come la basilica di san Pietro. Si racconta che fu per ordine di Alarico che le chiese furono risparmiate. Sia quel che sia, i cristiani testimoni di quegli eventi vissero come un miracolo la sopravvivenza della basilica di santa Pudenziana alla furia dei Visigoti. Nel libro tenuto in mano da Cristo, al centro del mosaico, si legge: Dominus Conservator Ecclesiae Pudentianae: "Il Signore ha preservato la chiesa di Pudenziana".



Un altro dettaglio del mosaico invece ci dice qualcosa in più sulla coscienza della Chiesa nascente e sulle sue diverse "correnti" spirituali. Ai due lati di Gesù le figlie di Pudente - Prassede e Pudenziana - cingono la testa di Pietro (a destra) e Paolo (a sinistra) con due corone d'alloro. La lettura prevalente fra gli esperti è che le due sante col loro gesto rappresentino le due componenti della comunità cristiana che stava sviluppandosi a Roma: la chiesa della sinagoga e la chiesa dei gentili. Ovvero, i convertiti provenienti dalla tradizione dell'ebraismo e i convertiti provenienti dal mondo pagano. Oggi, a noi, può suonare strana questa distinzione. Ma non lo era per i nostri padri nella fede. Inizialmente gli apostoli pensavano di doversi muoversi soprattutto nell'ambito della loro tradizione religiosa, l'ebraismo. Fu san Paolo, con più decisione, a rompere gli argini portando il lieto annuncio di Cristo fra i "gentili" (termine con cui gli ebrei chiamavano i pagani).



Ci furono tensioni, come era naturale, all'inizio. Alcuni, a Gerusalemme, volevano che ai nuovi convertiti da Paolo si imponessero le leggi religiose dell'ebraismo, come la circoncisione. Paolo dovette lottare fieramente perché non fossero posti inutili fardelli sulle spalle dei nuovi cristiani che provenivano da altre tradizioni culturali. Ma la forza della Chiesa fu proprio nell'apertura che seppe vivere ad-extra e nella convivenza fra le due componenti. Pietro e Paolo, seppure con i loro temperamenti diversi, garantirono l'unità della Chiesa. Così nel mosaico, realizzato pochi anni dopo il sacco di Alarico, sono rappresentati entrambi vicini a Cristo, entrambi premiati con la corona, segno di vittoria, nel martirio.




È strano il legame affettivo che si stabilisce con questi cristiani che vissero quasi duemila anni prima di noi. Una intimità familiare più forte dei legami del sangue. La fortuna di vivere a Roma è anche questa. Le pietre parlano di loro. Ecco, nove metri sotto la basilica riaffiora il basolato di un'antica via romana e ti immagini i calzari ai piedi di Pietro che calpestano quelle pietre vulcaniche.



Ti muovi tra le mura dell'abitazione di Pudente e pensi a cosa possa aver trovato lui, un politico benestante, in quel rude e generoso pescatore della Galilea. Cosa lo avvinse così tanto da rischiare la vita per la nuova fede. Tutti e due uccisi, lui e il suo amico Pietro, durante la persecuzione ordinata da Nerone.

Poi sali all'oratorio mariano e gli stupendi affreschi medievali ti raccontano ancora di queste due ragazze, Pudenziana e Prassede.



Sappiamo così poco di loro. La tradizione le racconta dedite a raccogliere le reliquie dei martiri, per un senso di pietà verso quei poveri resti, e perché la memoria del loro sacrificio non si perdesse nel tempo della tribolazione. E giungesse fino a noi.

Ma basta questo a farcele ammirare e a sentirle amiche.



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