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Tommaso Ricci

Le Anime del Bernini

Aggiornamento: 21 nov


Aveva appena 21 anni, Bernini, quando scolpì questi due busti: l'anima beata e l'anima dannata. Lo sguardo della felicità e l'urlo della disperazione. Capolavori esposti fino al 31 gennaio ai Musei Vaticani. Tommaso Ricci, mio antico amico e collega (prima a 30Giorni, poi al Tg2) era presente all'inaugurazione della mostra. Queste le sue impressioni.


Dalle antiche icone agli emoticon odierni, passando per l’Iconologia secentesca di Cesare Ripa, dalla scienza fisiognomica fino all’Urlo di Munch, la convinzione che “il volto è la finestra dell’anima” è comunemente diffusa.  Certo non tutti i sentimenti affiorano dalle stesse profondità, esiste una stratigrafia interiore in cui sono stipati tutti gli stati d’animo, da quelli banali a quelli solenni e a questi ultimi si riferiscono quelli esibiti dai due busti, Anima dannata e Anima beata, esposti nella mostra “Le anime del Bernini” ai Musei Vaticani curata dal diretttore Barbara Jatta e da Helena Pérez Gallardo. Due opere giovanili del gran regista del barocco - nel 1619 quando li scolpì, aveva 21 anni - ma già aveva realizzato sculture sontuose e geniali come il San Lorenzo sulla Graticola (Uffizi), il San Sebastiano (Thyssen-Bornemisza, Madrid) , l’Enea, Anchise e Ascanio (Galleria Borghese).

Queste due Anime, due memento dell’Aldilà, di ciò che attende ogni uomo dopo la morte, verosimilmente destinate alla devozione privata del committente, sono raramente visibili al pubblico, essendo residenti nella Ambasciata di Spagna presso la Santa Sede a Roma e dunque i tre mesi di esposizione alle centinaia di migliaia di sguardi dei visitatori dei Musei Vaticani costituiscono un’occasione più che propizia, impreziosita dal Giubileo 2025, per “meditar guardando”.  In essi risuona infatti la intensa spiritualità dell’epoca in cui furono concepiti, profondamente segnata dalla riflessione sui Quattuor novissima (morte, giudizio, inferno e paradiso) che da qualche decennio era stata rilanciata dal Concilio di Trento e ripresa dai nuovi ordini religiosi sorti nella Chiesa ad opera di formidabili santi come Ignazio, Filippo Neri, Calasanzio, Felice di Cantalice ed altri.

Sono in gioco in questi mirabili manufatti berniniani domande esistenziali profonde e inaggirabili di ogni uomo in ogni tempo: che cosa accadrà di me dopo la morte? Se davvero le opzioni sono due, beatitudine eterna e dannazione eterna, cosa posso fare qui e ora per favorire la prima ed evitare la seconda? L’escatologia cristiana non sopprime mai la speranza di fronte alle “cose ultime” e la concomitanza di questa mostra col Giubileo anzi la amplifica. “Quando sovviemmi di cotanta speme, un affetto mi preme, acerbo e sconsolato, e tornami a doler di mia sventura. O natura, o natura, perché non rendi quel che prometti allor? Perché di tanto inganni i figli tuoi?” è lo sconsolato pensiero di Leopardi. “Spes non confundit” rassicura e consola Gesù. E il volto femminile dell’Anima beata di Bernini lo conferma su marmo. 


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